Repertorio di lessico e immagini dell'identità e dell'alterità nella letteratura dell'Europa medievale

Passi

responsabile della scheda: Federico Saviotti
Guglielmo IX
BdT 183.2, Ben vueill que sapchon li pluzor

vv. 22-28
Ben aia cel que me noiri, / que tan bon mester m'escari / que anc a negun no·n failli: / qu'ieu sai jogar sobre coisi / a totz tocatz; / mas no sai de nuill mon vezi, / qual qu'en vejatz.


Area LessicaleLemmaOccorrenzaSensoAccezione +/-Identità/alterità
FATUMescarirescariproprio
FALLEREfalhirfailliproprioI - Amante
I - Poeta
LUDUSjogarjogartraslatoI - Amante
ARSmestiermesterproprioI - Amante
I - Poeta
EDUCAREnoirirnoiriproprio
SCIENTIAsabersaiproprioI - Amante
SPATIUMvezinveziproprioA - Avversario/Avversaria




Commento:

Con "colui che mi allevò e mi diede in sorte un tanto bel mestiere" (vv. 22-23) l'autore pare intendere una figura maschile, secondo P. Canettieri "un vero e proprio maestro, un’uomo, che ha dato a Guglielmo questo mester come destino (escari)" (https://paolocanettieri.wordpress.com/article/guglielmo-ix-vers/). Il tan bon mester è, sulla base delle coblas precedenti, quello poetico, ma soprattutto, come apparirà chiaro a partire dal v. 25, quello amoroso. Si noti che negun è grammaticalmente maschile ma andrà riferito qui alle donne che hanno sperimentato tale mestiere. 

Non è chiaro se quello di totz tocatz ('toccate tutti' o 'tutto toccato') evocato ai vv. 25-26 corrisponda a uno specifico gioco, ma il suo carattere erotico (si fa "sopra il cuscino") è fuori di dubbio. La metafora ludica in riferimento alle pratiche amatorie è largamente impiegata nella seconda pare del componimento (cfr. in particolare i vv. 30-31, 45, 62).

Altrove pseudonimo della donna amata (BdT 183.1, v. 26: Mon Bon Vezi), l'aggettivo sostantivato vezi sembra qui riferirsi a possibili rivali - più o meno effettivi - del conte di Poitiers in amore e in poesia.