Repertorio di lessico e immagini dell'identità e dell'alterità nella letteratura dell'Europa medievale

Passi

responsabile della scheda: Federico Saviotti
Guglielmo IX
BdT 183.2, Ben vueill que sapchon li pluzor

vv. 43-49
Pero no m'auzes tan gaber / qu'ieu no fos rahuzatz l'autrer, / que jogav' a un joc grosser / que·m fo trop bos al cap primer / tro fo entaulatz; / quan gardei, no m'ac plus mester, / si·m fo camjatz.


Area LessicaleLemmaOccorrenzaSensoAccezione +/-Identità/alterità
AUDIREauzirauzesproprioA - Pubblico
OSTENTAREgabargaberproprioI - Amante
LUDUSjocjoctraslatoI - Amante
LUDUSjogarjogavtraslatoI - Amante




Commento:

A partire da questa strofa, la vanteria si fa autoironica, con il racconto - a quanto si può capire al di sotto della metafora ludica - di una défaillance erotica, cui l'esperto amante tenterà di rimediare con tutte le sue armi: i suoi "dadi" (vv. 58-62), per quanto sminuiti dall'amata (v. 51).

Questa una traduzione possibile: "Per quanto mi sentiate vantarmi, l'altro giorno fui respinto: giocavo a un gioco pesante, che all'inizio andava fin troppo bene, finché non fu messo sul tavolo; quando guardai, non mi riuscì più e si cambiò". Ma i vv. 48-49, e soprattutto l'espressione no m'ac plus mester, non sono del tutto chiari.