Repertorio di lessico e immagini dell'identità e dell'alterità nella letteratura dell'Europa medievale

Passi

responsabile della scheda: Federico Saviotti
Guglielmo IX
BdT 183.1, Ab la dolchor del temps novel

vv. 25-30
Qu'eu non ai soing d'estraing lati / que·m parta de Mon Bon Vezi! / Qu'eu sai de paraulas com van, / ab un breu sermon que s'espel: / que tal se van d'amor gaban, / nos n'avem la pessa e·l coutel!


Area LessicaleLemmaOccorrenzaSensoAccezione +/-Identità/alterità
SUPELLEXcoltelcouteltraslatoI - Amante
ALIUSestranhestraingproprioA - Avversario/Avversaria
RIDEREgabargabanproprioA - Avversario/Avversaria
NOSnosnosproprioI - Amante
I - Cavaliere
I - Coppia
PARSpesapessatraslatoA - Amato/amata
SPATIUMvezinVezitraslatoA - Amato/amata




Commento:

Per il commento di questo passo, riproduco in sintesi quanto argomentato in SAVIOTTI 2017, pp. 187-191.

Con estraing lati «è probabile che ci si riferisca a parole che hanno causato la separazione tra il poeta e l’amata, forse dovute ai lauzengiers» (GAMBINO 2010, p. 46, e la bibliografia ivi citata). In effetti, laddove si parla di un’identità di coppia, tra i limiti più ricorrenti e determinanti alla sua realizzazione compare appunto l’alterità dei maldicenti, avversari irriducibili dell’amante se non della stessa fin’amor. Le altre interpretazioni avanzate, che vanno dallo specifico ‘lingua straniera’ (RIQUER 1975, vol. I, p. 120) al generico ‘strano linguaggio’, facendo aggio sull’ampia latitudine semantica dell’aggettivo estraing, risultano a conti fatti assai meno pertinenti.

Quanto a (Mon) Bon Vezi, pseudonimo dell'amata (il primo di una fortunata serie), l’aggettivo vezi, che si oppone semanticamente a estraing anche in BdT 183.11 (v. 27) è «termine tecnico del diritto feudale» (cfr. le espressioni estremamente connotate della cobla IV: la guerra, il don, l’anel, l’intrufolarsi delle mani sotto il mantello a mimare in senso erotico l’immixtio manuum del rituale di investitura) che indica il titolare del territorio confinante (PASERO 1973, p. 265). Non sarà, poi, casuale che l’ostentata "vicinanza" dell’oggetto d’amore di Guglielmo, che è in fondo ciò che garantisce l’instaurarsi della coppia, si collochi agli antipodi dell’ossessiva e persino metafisica "lontananza" di quello di Jaufre Rudel, il quale si dichiara, per questo, ben conscio dell’impossibile realizzazione del proprio desiderio di unione con l’amata (car trop son nostras terras lonh!, BdT 262.2, v. 18: il 'noi’ è qui quantomai disgiuntivo).

Vi è generale consenso tra gli specialisti nel ritenere che tal se van d'amor gaban dava inteso 'taluni millantano falsi successi in amore'. Tuttavia, se, usato in senso assoluto, il riflessivo se gabar significa in genere ‘vantarsi’, qualora esso si trovi, come qui, seguito da un complemento di argomento, il valore sembra essere piuttosto quello di  ‘deridere, farsi beffe di’. Risulta in ogni caso arduo, allo stato delle nostre conoscenze, stabilire a chi si riferisca l'autore (trovatori rivali? Companhos infastiditi da una lirica amorosa dai toni troppo delicati? Robert d’Arbrissel o qualche altro rivale della politica culturale - e non solo - del duca d’Aquitania?).

Sulla consistenza del pronome nos del v. 30, al contrario che per la prima persona plurale delle coblas III e IV, la critica non potrebbe essere più discorde. Molti evitano persino di pronunciarsi. Tra i pochi che lo fanno, ROSSI 2015, rammentando che le immagini del ‘pezzo di carne’ e del ‘coltello’ rimandano per via di metafora agli organi sessuali femminile e maschile rispettivamente (una più generica valenza erotica di pessa e coutel è unanimemente riconosciuta), sostiene che il pronome è coerente in termini referenziali con quello di nostr’amor: la coppia, dunque. Altri difendono la tesi di un plurale maiestatis, formula che ha però il limite di essere molto raramente attestata in occitano medievale. Per altri ancora, infine, il ‘noi’ costituirebbe una strizzata d’occhio al pubblico dei companhos, esplicitamente evocati in altri vers del conte di Poitiers. Impossibile stabilire chi abbia ragione, né è da escludere che il primo trovatore giochi deliberatamente su questa ambiguità.